al-Baghdadi: ma ci prendono per scemi?

Passi per il cane – miracolosamente ancora vivo – che aveva catturato al-Baghdadi (ma il Califfo del Terrore non si era ucciso detonando il suo corpetto esplosivo?). Passi per al-Baghdadi che, per non insospettire i vicini, si tiene in casa i cadaveri di cinque persone (ovviamente, “donne e bambini, orrendamente mutilati”) con le conseguenze olfattive che è facile immaginare. Passi pure la hollywoodiana storia dell’infido cameriere curdo che trafuga le mutande di al-Baghdadi per fare esaminare il DNA al Pentagono. E abboniamo pure tutte le altre incongruenze diffuse dal Pentagono che avevamo evidenziato in questo articolo.

Ma di fronte al video del Pentagono, (ATTENZIONE! REPUBBLICA (che qui avevo linkato) HA CANCELLATO L’ARTICOLO. LO TROVATE, COMUNQUE, QUI SOTTO RECUPERATO DA ARCHIVE.ORG) diffuso come Vangelo da tutti i media mainstream, è inevitabile una domanda: ma questi ci prendono per scemi? Talmente scemi da non notare, ad esempio, che “le forze americane che si avvicinano al compound” vengono polverizzate da un attacco missilistico, inevitabilmente statunitense? E che dei “combattenti che da due postazioni vicine al compound aprono il fuoco contro uno degli aerei Usa che partecipavano al raid” non si ritrova traccia?

Ma, davvero, ci prendono per scemi?

Francesco Santoianni

Qui 3 fotogrammi salienti del video (diffuso dal Pentagono con un comunicato pubblicato da Repubblica) che avrebbe dovuto mostrare “forze americane che si avvicinano al compound”.

Foto A (a 18 secondi): gruppo di nove persone (verosimilmente, combattenti jihadisti) che si avvicinano al compound; foto B (a 22 secondi) ripresa da un altro drone: gli stessi nove combattenti che si assiepano sotto il muro di cinta, verosimilmente per tentare un assalto nel compound; foto C (a 24 secondi): i nove combattenti sterminati da un attacco missilistico.

Molto significativamente, Repubblica ha cancellato l’articolo che avevo linkato e commentato. Rimedio subito ripubblicando lo stesso articolo scaricato dal sito archive.org (che come è noto conserva – quasi sempre – gli articoli che vengono cancellati dalla Rete). E meno male che il video incastonato nell’articolo di Repubblica avevo provveduto a salvare e piazzare su Youtube!

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